martedì 10 febbraio 2009

Sta' a vedere che devo pagar pegno

Stasera mi sento una merda. E’ stato un bel crescendo di malessere, sfociato in un acuto nel negozietto sotto casa, in fila alla cassa. Erano ore che sentivo un vuoto, una mancanza forte, una specie di ticchettio costante e fastidioso che mi ricordava della mia precarietà e delle mie radici da poco sradicate. Mi mancano cose importanti e cose stupide. Mi manca la vasca da bagno. Qui ho solo la doccia. Mi mancano il giardino, il gatto e il giubbotto nero col cappuccio.
Poi il vuoto della mancanza mi ha preso la testa e il cuore, mentre attendevo il mio turno. Ho capito solo “22 euro e 50” e mi è partita la tremarella. Non mi è ancora ben chiaro come io sia arrivata a casa, però ci sono arrivata strisciando i muri della strada. “Vittoria!” avrei voluto gridare. Invece mi sono lanciata sul divano e ho iniziato a imprecare, a dire parolacce, a tirare una decina di vaffanculo. Chiamasi “volgarità liberatoria”. Volgarmente libera, mi sono concessa una piccolissima ipotesi: sono un’incosciente e il perché è presto detto.
Soffro di attacchi di panico da circa un anno. Ora io mi chiedo: può una che soffre di ‘ste “cose”, decidere di andarsene a vivere sola, cambiare lavoro, mollare tutto –proprio tutto!- nel giro di 24 ore e credere di non pagare qualche consistente conseguenza emotiva?
Ora mi tocca ricostruirmi come un lego e a me i lego non piacevano e non piacciono. Mi piace più distruggere. Non a caso mi divertivo a far volare le carte del castello che papà costruiva per ammazzare la sua noia cronica o a buttarmi sopra sulle costruzioni di sabbia di mio fratello. Mi piaceva anche disfare i letti perfetti della nostra cameretta, rapare a zero le Barbie, tagliare i piedi degli orsacchiotti, dare qualche sforbiciata alle frange dei tappeti e staccare la levetta dei taglia unghie.
Ora mi sembra di dover rimettere tutto a posto e la cosa mi spiazza. E’ come se dovessi pagare pegno.

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