Prima di leggere, devo dirti che quando l'ho scritta ero un momentino fuori di testa, ma anche no. Di certo, nel dolore fresco, le parole prendono tutta un'altra forma.
Il paesaggio pensalo nella nebbia ed in bianco e nero.
Pensa a un solo rumore: le ali del gabbiano Jonathan che sfregolano dolcemente l'aria.
Se io volessi morire
per farti vivere il resto della tua esistenza
in un singulto di sensi di colpa,
e se anche te ne fregassi
- ma non te ne fregherai!-
salirei fin su,
all’ultimo gradino
di un faro in bianco e nero.
Col fiato perso e un po’ ritrovato,
tra una pausa e un’altra,
fatta di bestemmie
contro la tua natura ossessiva,
mi affaccerei per urlarti:
“Amore mio, sono qui!”.
(Sono qui, tra pioggia e mare,
tra terra e cielo,
tra ferro e polvere,
con le gambe molli,
il cuore in melodramma,
la gola strizzata dalle corde vocali,
annodate come un cordone ombelicale.).
E mentre mi sorridi,
come si sorride all’amore ritrovato,
-nessun amore si ritrova, sai?-
mi lancerei giù,
giù,
giù.
Giù a morte,
sotto la luce del faro in bianco e nero.
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4 commenti:
manco "morta"...!
;-)
Penna mi dice di ribadire ciò che già ebbe a dirti in un altra occasione qualche tempo fa... "tu scrivi, usami, finiscimi, una ricarica dopo l'altra".
un fresco saluto
un cronista ed una Penna
non riesco ad aggiungere niente, quando scrivi così posso solo leggere e rileggere. ciao
Io ringrazio e gioisco nel leggere i vostri commenti.
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