Ad Agosto ho rubato 7 sassi alla spiaggia, li ho messi dentro il mio cappello rosso e li ho portati con me fin quassù e, quassù, li ho messi dentro un piattino colorato sotto la lampada. Volevo portarmi un po' di spiaggia dietro, volevo chiudere gli occhi sul divano e sentire, un po' dentro e un po' fuori, la presenza di quei sassi. Può sembrarti strano, ma io avevo l'idea che, respirando vicino a quei 7 sassi, avrei sentito il rumore del mio fiato su di essi. E, in effetti, l'ho sentito.
L'ho sentito per giorni interi. Sembrava una melodia bellissima, un po' lenta, a tratti precipitosa. Poi ieri non ho sentito più niente.
E stasera di nuovo niente.
Credo stiano morendo di nostalgia. Io cercavo la melodia del mio respiro sui sassi della spiaggia e loro morivano lentamente, senza un lamento. Silenziosamente. I sassi, forse, muoiono con una dignità priva di movimento e di rumore.
Sabato li riporto là, a pochi passi dalla riva, dove il mare li leccava come una madre premurosa lecca i suoi cuccioli.
E speriamo di fare in tempo.
mercoledì 30 settembre 2009
Cipicip Di.
Quando ho visto lo studio della dottoressa Di ho subito pensato: "Mammamia che spoglio!". Mi ha dato l'idea dell'albero mezzo spennato che uno si porta a casa per Natale, per poi riempirlo di palline e lucine. Mi ha fatto sedere nel mezzo della stanza, insieme a lei, e lì ho provato una sensazione di centralità assoluta. Ho percepito, forte e chiaro, di essere al centro di quell'universo quadrato, grande e spoglio.
La dottoressa Di ha la campanella, come a scuola, perché -dice- non ne vuole sapere di rimirarsi l'orologio e non può permettersi di psicoanalizzare qualcuno in eterno. Quindi al 55mo minuto "Driiiiiiiiiiiiin", si ritorna alla realtà e ci si saluta allegramente.
Fisicamente la dottoressa Di è alta e morbida, ha un sorriso nato per l'uso di sorridere, non porta lo smalto ed è carina, dotata di carineria. Credo che, in altre vite, sia stata un canarino, perché cinguetta, non parla.
"Cipicip, piacere, io sono Di, qual buon vento la porta qui da me?"
"Il vento del panico"
"Cipcip, di cosa ha paura?"
"Di svenire, di morire! E' una sensazione terrificante!"
"Cipcip, eh lo so bene!"
Lo sa bene? Come lo sa bene? Che significa?
Ed ecco che mi si è aperto un mondo tutto nuovo con una psicologa: la condivisione. Non mi ha raccontato i fatti suoi, però è stata chiara: anche lei ha sofferto di attacchi di panico e non è detto che non ne soffrirà in futuro. Cipcip.
Ho sentito la mano amica della vita andarmi giù nello stomaco e su per il cuore e la testa.
Pensavo che gli psicologi fossero superiori, privi di ansie, paure, in realtà pensavo si atteggiassero a fare i fighi sopra un tavolino di marmo, invece eccoti qua la morbida Di che si siede a terra con me e mi dice: "Cipicip, anche io, anche io".
Lo sapevi che un "anche io" può cambiarti la vita?
La dottoressa Di ha la campanella, come a scuola, perché -dice- non ne vuole sapere di rimirarsi l'orologio e non può permettersi di psicoanalizzare qualcuno in eterno. Quindi al 55mo minuto "Driiiiiiiiiiiiin", si ritorna alla realtà e ci si saluta allegramente.
Fisicamente la dottoressa Di è alta e morbida, ha un sorriso nato per l'uso di sorridere, non porta lo smalto ed è carina, dotata di carineria. Credo che, in altre vite, sia stata un canarino, perché cinguetta, non parla.
"Cipicip, piacere, io sono Di, qual buon vento la porta qui da me?"
"Il vento del panico"
"Cipcip, di cosa ha paura?"
"Di svenire, di morire! E' una sensazione terrificante!"
"Cipcip, eh lo so bene!"
Lo sa bene? Come lo sa bene? Che significa?
Ed ecco che mi si è aperto un mondo tutto nuovo con una psicologa: la condivisione. Non mi ha raccontato i fatti suoi, però è stata chiara: anche lei ha sofferto di attacchi di panico e non è detto che non ne soffrirà in futuro. Cipcip.
Ho sentito la mano amica della vita andarmi giù nello stomaco e su per il cuore e la testa.
Pensavo che gli psicologi fossero superiori, privi di ansie, paure, in realtà pensavo si atteggiassero a fare i fighi sopra un tavolino di marmo, invece eccoti qua la morbida Di che si siede a terra con me e mi dice: "Cipicip, anche io, anche io".
Lo sapevi che un "anche io" può cambiarti la vita?
domenica 27 settembre 2009
Ciao domani, arriva presto.
Domani, alle 17 zero-zero, incontrerò la dottoressa Di. Sono qui, a casa, con Teresina accanto che mangia un osso, con la tv che si parla da sola, ad aspettare domani con un'emozione grandiosa. Il mio sesto senso mi grida che questa sarà la volta buona e io non aspetto altro da anni.
La tachicardia sottile e lo stomaco che fa blop sono i miei sintomi preferiti : sono l'euforia che spalanca le porte al bello.
P.S.: Marco ha litigato con Alessio e Alessio ha litigato con me. Io non ho litigato, mi sono limitata ad ascoltare e ho sentito una caterva di minchiate.
La tachicardia sottile e lo stomaco che fa blop sono i miei sintomi preferiti : sono l'euforia che spalanca le porte al bello.
P.S.: Marco ha litigato con Alessio e Alessio ha litigato con me. Io non ho litigato, mi sono limitata ad ascoltare e ho sentito una caterva di minchiate.
Ciao domani, arriva presto.
Domani, alle 17 zero-zero, incontrerò la dottoressa Di. Sono qui, a casa, con Teresina accanto che mangia un osso, con la tv che si parla da sola, ad aspettare domani con un'emozione grandiosa. Il mio sesto senso mi grida che questa sarà la volta buona e io non aspetto altro da anni.
La tachicardia sottile e lo stomaco che fa blop sono i miei sintomi preferiti : sono l'euforia che spalanca le porte al bello.
P.S.: Marco ha litigato con Alessio e Alessio ha litigato con me. Io non ho litigato, mi sono limitata ad ascoltare e ho sentito una caterva di minchiate.
La tachicardia sottile e lo stomaco che fa blop sono i miei sintomi preferiti : sono l'euforia che spalanca le porte al bello.
P.S.: Marco ha litigato con Alessio e Alessio ha litigato con me. Io non ho litigato, mi sono limitata ad ascoltare e ho sentito una caterva di minchiate.
Blea
Non sopporto quelle persone che chiedono scusa anche quando non c'è da chiedere scusa. Le sento false, viscide, prive di cordone muscolare nel carattere. Mi fanno proprio schifo.
sabato 19 settembre 2009
Il grigio topo entra nella mia casa
Non so.
Non so che dire.
Ho uno svuotamento strano. Mi sento come un palloncino al quale hanno dato fiato e fiato, per poi lasciarlo andare con il vento in poppa fino all'esaurimento.
In realtà questo senso di svuotamento nasce da una bella notizia: da gennaio dovrei ritornare a casa, in quella casa lasciata in una notte, senza nemmeno poterla salutare a dovere. A Gennaio avrò occasione di salutarla e di rimanerci. Marco se ne va in un'altra casa, in cambio niente mantenimenti vari o cose simili. Bene. Ufficiosamente, invece, Marco mi ha detto che, di qualunque cosa avessi bisogno, lui ci sarà. Sapere che lui ci sarà mi svuota.
Mi svuota dal rancore, dalla rabbia, dall'antipatia, dal desiderio di "fargliela vedere" (oh, non fraintendere!) e mi pare di non avere più niente di lui, se non quell'amore di cui ho perso i contorni e i colori. Si sta ingrigendo tutto. Di noi rimarrà una tonalità topino, mentre, dopo il nostro primo bacio, ero certa -maledette certezze!- che, con lui, avrei cavalcato una vita bianco-azzurro-rosso.
Invece -toh!- beccati il grigio topo e porta a casa.
Non so che dire.
Ho uno svuotamento strano. Mi sento come un palloncino al quale hanno dato fiato e fiato, per poi lasciarlo andare con il vento in poppa fino all'esaurimento.
In realtà questo senso di svuotamento nasce da una bella notizia: da gennaio dovrei ritornare a casa, in quella casa lasciata in una notte, senza nemmeno poterla salutare a dovere. A Gennaio avrò occasione di salutarla e di rimanerci. Marco se ne va in un'altra casa, in cambio niente mantenimenti vari o cose simili. Bene. Ufficiosamente, invece, Marco mi ha detto che, di qualunque cosa avessi bisogno, lui ci sarà. Sapere che lui ci sarà mi svuota.
Mi svuota dal rancore, dalla rabbia, dall'antipatia, dal desiderio di "fargliela vedere" (oh, non fraintendere!) e mi pare di non avere più niente di lui, se non quell'amore di cui ho perso i contorni e i colori. Si sta ingrigendo tutto. Di noi rimarrà una tonalità topino, mentre, dopo il nostro primo bacio, ero certa -maledette certezze!- che, con lui, avrei cavalcato una vita bianco-azzurro-rosso.
Invece -toh!- beccati il grigio topo e porta a casa.
venerdì 11 settembre 2009
L'eternità è un minuto
Ogni medico, per diventare un medico, dovrebbe fare un tirocinio obbligatorio: ammalarsi, farsela addosso dalla paura, subire una decina di esami, tra cui almeno uno invasivo, guarire e poi esercitare, altrimenti troveremo sempre qualche medico stronzo sulla nostra strada.
Stronzo come quello che ha trovato la mia amica, in un corridoio d'ospedale, quello che le ha detto, con un senso di fastidio, come per togliersela di torno, che il padre è fottuto, che morirà nel giro di poco. L'ho vista impallidire, cercare appoggio nello sguardo del dottore che, in tutta risposta, se ne è andato via di corsa. Poi si è girata verso di me, con gli occhi spalancati ed è rimasta di fronte a me, immobile, per un'eternità.
Ho contato l'eternità:
1 (respiro)
2 -respiro-
3- respiro-
4 -respiro-
5 -respiro-
6 - respiro-
7- respiro-
......
30- respiro-
L'eternità è un minuto intero di silenzio, tensione e dolore fortissimo, che, poi, si tuffa in un bicchier d'acqua naturale.
La disumanità di quel medico, invece, è più eterna dell'eternità e si è tuffata nel cuore della mia amica con una tale cattiveria...
Un giorno -lo so!- sarà lui a contare il minuto dell'eternità.
Stronzo come quello che ha trovato la mia amica, in un corridoio d'ospedale, quello che le ha detto, con un senso di fastidio, come per togliersela di torno, che il padre è fottuto, che morirà nel giro di poco. L'ho vista impallidire, cercare appoggio nello sguardo del dottore che, in tutta risposta, se ne è andato via di corsa. Poi si è girata verso di me, con gli occhi spalancati ed è rimasta di fronte a me, immobile, per un'eternità.
Ho contato l'eternità:
1 (respiro)
2 -respiro-
3- respiro-
4 -respiro-
5 -respiro-
6 - respiro-
7- respiro-
......
30- respiro-
L'eternità è un minuto intero di silenzio, tensione e dolore fortissimo, che, poi, si tuffa in un bicchier d'acqua naturale.
La disumanità di quel medico, invece, è più eterna dell'eternità e si è tuffata nel cuore della mia amica con una tale cattiveria...
Un giorno -lo so!- sarà lui a contare il minuto dell'eternità.
martedì 8 settembre 2009
Il faro (paesaggio in bianco e nero)
Prima di leggere, devo dirti che quando l'ho scritta ero un momentino fuori di testa, ma anche no. Di certo, nel dolore fresco, le parole prendono tutta un'altra forma.
Il paesaggio pensalo nella nebbia ed in bianco e nero.
Pensa a un solo rumore: le ali del gabbiano Jonathan che sfregolano dolcemente l'aria.
Se io volessi morire
per farti vivere il resto della tua esistenza
in un singulto di sensi di colpa,
e se anche te ne fregassi
- ma non te ne fregherai!-
salirei fin su,
all’ultimo gradino
di un faro in bianco e nero.
Col fiato perso e un po’ ritrovato,
tra una pausa e un’altra,
fatta di bestemmie
contro la tua natura ossessiva,
mi affaccerei per urlarti:
“Amore mio, sono qui!”.
(Sono qui, tra pioggia e mare,
tra terra e cielo,
tra ferro e polvere,
con le gambe molli,
il cuore in melodramma,
la gola strizzata dalle corde vocali,
annodate come un cordone ombelicale.).
E mentre mi sorridi,
come si sorride all’amore ritrovato,
-nessun amore si ritrova, sai?-
mi lancerei giù,
giù,
giù.
Giù a morte,
sotto la luce del faro in bianco e nero.
Il paesaggio pensalo nella nebbia ed in bianco e nero.
Pensa a un solo rumore: le ali del gabbiano Jonathan che sfregolano dolcemente l'aria.
Se io volessi morire
per farti vivere il resto della tua esistenza
in un singulto di sensi di colpa,
e se anche te ne fregassi
- ma non te ne fregherai!-
salirei fin su,
all’ultimo gradino
di un faro in bianco e nero.
Col fiato perso e un po’ ritrovato,
tra una pausa e un’altra,
fatta di bestemmie
contro la tua natura ossessiva,
mi affaccerei per urlarti:
“Amore mio, sono qui!”.
(Sono qui, tra pioggia e mare,
tra terra e cielo,
tra ferro e polvere,
con le gambe molli,
il cuore in melodramma,
la gola strizzata dalle corde vocali,
annodate come un cordone ombelicale.).
E mentre mi sorridi,
come si sorride all’amore ritrovato,
-nessun amore si ritrova, sai?-
mi lancerei giù,
giù,
giù.
Giù a morte,
sotto la luce del faro in bianco e nero.
sabato 5 settembre 2009
La signora svenuta in piscina
Ho sentito il rumore dei suoi zoccoli sui sassolini, ho alzato lo sguardo e l'ho vista: sembrava un'attrice col cappello di paglia, il costume intero nero, il pareo sui fianchi color crema, occhiali da sole alla Paris Hilton e la borsa. A guardarla sotto il sole a picco, nelle vicinanze della piscina, sembrava appena uscita da qualche film "ollivudiano". Il suo passo era leggero. Ah quanto l'ho invidiata in quei momenti...
Sai, io sono un po' goffa coi tacchi a spillo sulle pietruzze: rischio di inciampare e trovarmi con qualche dente in meno, quindi una donna che cammina così la devo invidiare per forza.
Un passo avanti e l'altro ancora. Poi, però, la cadenza del passo è cambiata, me ne sono accorta
subito. Le ho visto la mano destra andare sulla fronte, aprire le labbra come a voler respirare meglio e mettere l'altra sullo scorrimano della scaletta. Non so perché, ma ho capito subito: "Sta per svenire". Le sono corsa incontro, veloce, decisa, senza pensare a niente se non a prenderla, solo che sono stata schiacciata dal suo peso in avanti, trovandomi con le ginocchia pigiate a dismisura sui ciottoli.
Un dolore che non ti posso dire.
Ho gridato "Aiuto, aiutatemi!" e, per fortuna, mi hanno sentita. In tre secondi due uomini l'hanno presa in braccio, sdraiata su un lettino e le hanno tirato su le gambe; uno, invece, mi ha tirata su dalle ascelle, come si fa con i bambini e -ora te la riderai!- a causa della forza di pressione, mi sono trovata la tetta destra libera nell'aria.
Quando vergogna, spavento e preoccupazione si uniscono in un'unica testa e in un unico momento, il rischio di perdere la famosa rotella è facilissimo. Ho iniziato a piangere. Quel corpo inanimato mi impressionava, la chiamata dell'ambulanza ancora di più, le sirene non ne parliamo. Un medico e un paramedico se la sono portata via, dopo averle messo una flebo e la scena non ha fatto bene alla mia psiche. Volevo tornarmene a casa, subito. Volevo rifugiarmi nella mia scatoletta piccina con le tendine da bambolina.Per fortuna è arrivato Alessio e fu calma.
Ma non finisce qui.
Il giorno dopo la dama elegante, quella dal passo leggiadro, è venuta a cercarmi. Stava bene, aveva avuto un forte calo di sodio e potassio. Mi ha ringraziata con un grande slancio, mi ha detto che se non fossi stata lì, si sarebbe fracassata la faccia e, forse, anche la testa.
Nei due giorni rimanenti abbiamo molto legato, praticamente è stata con me quasi sempre. Mi ha fatto conoscere marito, figli e amici. Io e Alessio ci siamo trovati catapultati in un nucleo di bella gente e quando è stato il momento di salutarci io e lei ci siamo commosse. Scambio di numeri e a presto cara donna che cammina leggermente su zoccoli coi tacchi a spillo. Mi hai fatto sbucciare ginocchia e psiche dallo spavento ma ne è valsa la pena. Oh, sì.
P.S.: sto scoprendo che non mi trovo a raccontare le cose passate e vissute. Mi devo sempre censurare per non scrivere pagine e pagine di particolari, perché sono quelli che mi affascinano. Solo che, se qui, ad esempio, avessi dato sfogo ai particolari, avresti dovuto sprecare almeno mezz'ora a leggerti tutto 'sto casino. Sai che due palle?
Sai, io sono un po' goffa coi tacchi a spillo sulle pietruzze: rischio di inciampare e trovarmi con qualche dente in meno, quindi una donna che cammina così la devo invidiare per forza.
Un passo avanti e l'altro ancora. Poi, però, la cadenza del passo è cambiata, me ne sono accorta
subito. Le ho visto la mano destra andare sulla fronte, aprire le labbra come a voler respirare meglio e mettere l'altra sullo scorrimano della scaletta. Non so perché, ma ho capito subito: "Sta per svenire". Le sono corsa incontro, veloce, decisa, senza pensare a niente se non a prenderla, solo che sono stata schiacciata dal suo peso in avanti, trovandomi con le ginocchia pigiate a dismisura sui ciottoli.
Un dolore che non ti posso dire.
Ho gridato "Aiuto, aiutatemi!" e, per fortuna, mi hanno sentita. In tre secondi due uomini l'hanno presa in braccio, sdraiata su un lettino e le hanno tirato su le gambe; uno, invece, mi ha tirata su dalle ascelle, come si fa con i bambini e -ora te la riderai!- a causa della forza di pressione, mi sono trovata la tetta destra libera nell'aria.
Quando vergogna, spavento e preoccupazione si uniscono in un'unica testa e in un unico momento, il rischio di perdere la famosa rotella è facilissimo. Ho iniziato a piangere. Quel corpo inanimato mi impressionava, la chiamata dell'ambulanza ancora di più, le sirene non ne parliamo. Un medico e un paramedico se la sono portata via, dopo averle messo una flebo e la scena non ha fatto bene alla mia psiche. Volevo tornarmene a casa, subito. Volevo rifugiarmi nella mia scatoletta piccina con le tendine da bambolina.Per fortuna è arrivato Alessio e fu calma.
Ma non finisce qui.
Il giorno dopo la dama elegante, quella dal passo leggiadro, è venuta a cercarmi. Stava bene, aveva avuto un forte calo di sodio e potassio. Mi ha ringraziata con un grande slancio, mi ha detto che se non fossi stata lì, si sarebbe fracassata la faccia e, forse, anche la testa.
Nei due giorni rimanenti abbiamo molto legato, praticamente è stata con me quasi sempre. Mi ha fatto conoscere marito, figli e amici. Io e Alessio ci siamo trovati catapultati in un nucleo di bella gente e quando è stato il momento di salutarci io e lei ci siamo commosse. Scambio di numeri e a presto cara donna che cammina leggermente su zoccoli coi tacchi a spillo. Mi hai fatto sbucciare ginocchia e psiche dallo spavento ma ne è valsa la pena. Oh, sì.
P.S.: sto scoprendo che non mi trovo a raccontare le cose passate e vissute. Mi devo sempre censurare per non scrivere pagine e pagine di particolari, perché sono quelli che mi affascinano. Solo che, se qui, ad esempio, avessi dato sfogo ai particolari, avresti dovuto sprecare almeno mezz'ora a leggerti tutto 'sto casino. Sai che due palle?
giovedì 3 settembre 2009
Tristezza
Ho una tristezza dentro...
Ho come la sensazione che tutto mi scivoli via, senza darmi la possibilità di trattenere nulla che sia bello o che assomigli, almeno un po', al bello. Sento solo la dilatazione del brutto. E' come avere la gommina in testa che mi cancella tutto quello che mi piace.
Ho come la sensazione che tutto mi scivoli via, senza darmi la possibilità di trattenere nulla che sia bello o che assomigli, almeno un po', al bello. Sento solo la dilatazione del brutto. E' come avere la gommina in testa che mi cancella tutto quello che mi piace.
Quante belle persone ho incontrato/Le signore di Volterra
Visitare Volterra è stato un sogno.
Volterra ti appare all'improvviso: la vedi dopo una curva sulla collina, tutta concentrata, tutta sfumata, come una torta di compleanno. La guardi da lontano e dici "Mammamia!".
Io sono partita da sud, ho parcheggiato vicino al comune e ho iniziato la salita. Il caldo era pazzesco, sudavo e risudavo. Ho temuto anche di puzzare come una sogliola al sole, però sono andata avanti. A metà il fiato era già corto, così mi sono lanciata dentro la chiesa a riposare. Faccia a faccia con la statua della Madonna ho detto la mia preghierina e mi è venuto il brutto istinto di rubare un rosario. Terribile cosa, vero? Non l'ho fatto, però il pensiero l'ho avuto ed è come se lo avessi fatto per metà. Quindi con l'animo ladro ho ripreso a salire e-bang!- ho visto l'angolino più bello del reame: una piccola piazzetta con le panchine e tante signore sopra che chiacchieravano. Mi sono appropriata del primo posto libero e ho detto ad A. di andare avanti, perché io dovevo riposarmi o sarei svenuta. Mi sono messa a bere la cocacola per zuccherarmi e caffeinizzarmi un po' e intanto le signore mi guardavano.
Mi guardavano e mi guardavano.
Poi una mi chiede se mi sento male, se ho bisogno di qualcosa...
Sì, un pochino debole, però miglioro a ogni sorso.
E da lì hanno iniziato a parlare con me, a coccolarmi, a raccontarmi. Una mi ha portato una merendina, perché diceva che ero sciupata e un'altra mi ha prestato il suo ventaglio azzurro per farmi aria.
Siamo diventate amiche in quattroequattrotto.
Mi porterò nel cuore per sempre Caterina, quella che mi ha offerto la merendina alla marmellata di albicocche. Si è alzata, è andata verso casa e, mentre si girava le ho visto il braccio fasciato tutto livido. "Oggi ha fatto dialisi" mi ha detto la sua amica "ed è stanca!". Stanca e distrutta lei ha pensato a me e io non lo dimenticherò mai. Occhi azzurri e viso duro, ma buona, tanto tanto buona.
E mi porterò Anna, rimasta sola, con le figlie lontane e col cellulare sempre tra le mani in attesa di una loro telefonata che, come al solito, non arriva. "So che mi chiamano alla domenica, però io spero sempre anche durante la settimana" mi ha detto un po' triste.
Poi terrò nei più bei ricordi il pescivendolo dell'angolo che chiedeva alle signore se avessero bisogno di spesa, il barista che urlava di calcio con un cliente, la vedova in nero con lo spacco vertiginoso e il trenino che ci portava in giro col venticello contro.
Volterra ti appare all'improvviso: la vedi dopo una curva sulla collina, tutta concentrata, tutta sfumata, come una torta di compleanno. La guardi da lontano e dici "Mammamia!".
Io sono partita da sud, ho parcheggiato vicino al comune e ho iniziato la salita. Il caldo era pazzesco, sudavo e risudavo. Ho temuto anche di puzzare come una sogliola al sole, però sono andata avanti. A metà il fiato era già corto, così mi sono lanciata dentro la chiesa a riposare. Faccia a faccia con la statua della Madonna ho detto la mia preghierina e mi è venuto il brutto istinto di rubare un rosario. Terribile cosa, vero? Non l'ho fatto, però il pensiero l'ho avuto ed è come se lo avessi fatto per metà. Quindi con l'animo ladro ho ripreso a salire e-bang!- ho visto l'angolino più bello del reame: una piccola piazzetta con le panchine e tante signore sopra che chiacchieravano. Mi sono appropriata del primo posto libero e ho detto ad A. di andare avanti, perché io dovevo riposarmi o sarei svenuta. Mi sono messa a bere la cocacola per zuccherarmi e caffeinizzarmi un po' e intanto le signore mi guardavano.
Mi guardavano e mi guardavano.
Poi una mi chiede se mi sento male, se ho bisogno di qualcosa...
Sì, un pochino debole, però miglioro a ogni sorso.
E da lì hanno iniziato a parlare con me, a coccolarmi, a raccontarmi. Una mi ha portato una merendina, perché diceva che ero sciupata e un'altra mi ha prestato il suo ventaglio azzurro per farmi aria.
Siamo diventate amiche in quattroequattrotto.
Mi porterò nel cuore per sempre Caterina, quella che mi ha offerto la merendina alla marmellata di albicocche. Si è alzata, è andata verso casa e, mentre si girava le ho visto il braccio fasciato tutto livido. "Oggi ha fatto dialisi" mi ha detto la sua amica "ed è stanca!". Stanca e distrutta lei ha pensato a me e io non lo dimenticherò mai. Occhi azzurri e viso duro, ma buona, tanto tanto buona.
E mi porterò Anna, rimasta sola, con le figlie lontane e col cellulare sempre tra le mani in attesa di una loro telefonata che, come al solito, non arriva. "So che mi chiamano alla domenica, però io spero sempre anche durante la settimana" mi ha detto un po' triste.
Poi terrò nei più bei ricordi il pescivendolo dell'angolo che chiedeva alle signore se avessero bisogno di spesa, il barista che urlava di calcio con un cliente, la vedova in nero con lo spacco vertiginoso e il trenino che ci portava in giro col venticello contro.
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