Sono ancora troppo schiava del periodo ipotetico.
E se...
E se...
E se...
Questo vuol dire vivere male, stare male e non godersi nulla, nemmeno una pizza con un compagno di corso.
All'appuntamento ci sono andata per un soffio, grazie a una forma di ribellione rara, un'incazzatura dell'ultimo secondo, perché se io avessi ascoltato i miei "E se...", non avrei nemmeno aperto la porta di casa.
"E se mi gira la testa mentre sono al ristorante?"
"E se mi viene un attacco di panico mentre stiamo parlando?"
"E se inizio a sudare e avere la tachicardia?"
"E se mi sento svenire?".
Insomma alle 20.15 di sabato ero ancora a casa, pronta a chiamare Lorenzo e trovare una scusa tipo "Ho la febbre.", "Ho un mal di testa pazzesco." L'idea di avere una scusa pronta, che suppliva a una via di uscita, mi ha un po' calmata e poi, all'improvviso, sono stata presa dall'ira e giù le parolacce liberatorie: porca troia, merda, fottuta stronza, vaffanculo mondo, puttana di una vacca stratorsferica, culo merdoso, ecc., ecc..
Rossa come un peperone bollito, con fronte e sottonaso sudaticcio, ho aperto la porta e sono andata. "Vai Fede, vai!" mi sono incoraggiata e via, verso l'incognito.
L'incognito è stato bello e rilassante, anche se ci ho dato di gamba, nel senso che la destra mi tremava sotto il tavolo, mentre si parlava di inglese, del professore con simpatico accento siciliano e del casino del "to do" che ancora non riesco a capire bene.
Il tremore mi è scomparso, come in una magia fiabesca, quando, presa da coraggio omerico, gli ho detto dei miei problemi di panico. Avevo proprio necessità di dirgli della scusa che volevo trovare per non uscire con lui, dei dubbi e dei miei "e se...".
Così, dopo essermi calmata e dopo aver capito che Lorenzo mi aveva capita, ho compreso che, alla base della mia serenità, c'è la condivisione: con-di-vi-de-re è il verbo del mio assolutismo mentale, della mia pace interiore e della mia emotività. Condividere è, per me, stare bene, sorridere e gioire di tutto.
martedì 31 marzo 2009
venerdì 27 marzo 2009
Domani pizza! (se sono riuscita a mettere il video della canzone che ascolto ultimamente, sono un genio :-))
Mamma mia quanto tempo! Sono giorni che accendo il pc, guardo la posta di fretta e spengo tutto. E' che ho una voglia matta di guidare, di isolarmi in qualche stradina sperduta, di mettermi a guardare il cielo e la pioggia. Ho un senso più sensibile del solito: ho voglia di guardare, di vedere, di osservare, di scrutare. Desidero emozionarmi con gli occhi, poi con tutto il resto, ascoltando "74-75".
E' un modo per frenarmi, per mettere un attimo di quiete dentro, visto che vorrei bruciare le tappe. Invece non si può e allora guardo e respiro.
Nella borsa, però, ci sono sempre le gocce contro l'ansia. Il bello è portarmele dietro per non usarle e per dirmi, alla sera, mentre mi lavo i denti che sono stata brava, che anche oggi l'ho messo nel culo all'ansia e alla paura della solitudine.
In fondo per abituarsi a stare sole, bisogna fare ginnastica e io mi alleno guardandomi in giro, con nessuno intorno.
Poi c'è una novità molto strana: il mio compagno di banco che mi accompagnava alla fermata dell'autobus e aspettava con me, ora che non aspetto più l'autobus, mi ha invitata a mangiare la pizza con lui e io, senza pensarci un attimo, ho detto "Sì!". Fino a una settimana fa avrei detto di no; non so cosa mi sia scattato. Forse dipende dal fatto che con lui mi faccio sempre tante belle risate, chissà.
E' un modo per frenarmi, per mettere un attimo di quiete dentro, visto che vorrei bruciare le tappe. Invece non si può e allora guardo e respiro.
Nella borsa, però, ci sono sempre le gocce contro l'ansia. Il bello è portarmele dietro per non usarle e per dirmi, alla sera, mentre mi lavo i denti che sono stata brava, che anche oggi l'ho messo nel culo all'ansia e alla paura della solitudine.
In fondo per abituarsi a stare sole, bisogna fare ginnastica e io mi alleno guardandomi in giro, con nessuno intorno.
Poi c'è una novità molto strana: il mio compagno di banco che mi accompagnava alla fermata dell'autobus e aspettava con me, ora che non aspetto più l'autobus, mi ha invitata a mangiare la pizza con lui e io, senza pensarci un attimo, ho detto "Sì!". Fino a una settimana fa avrei detto di no; non so cosa mi sia scattato. Forse dipende dal fatto che con lui mi faccio sempre tante belle risate, chissà.
giovedì 19 marzo 2009
Ne vale la pena
Alla festa del papà, se non hai la possibilità di portare un pensiero al tuo papà, gli fai almeno gli auguri per telefono.
"Pronto papà? Auguri, tanti auguri!".
"Ah ok, grazie. Ti passo mamma.".
Mamma mi ha liquidata nel giro di 15 secondi con un "Scusa cara, sto uscendo!".
Questo senso di rifiuto che sento addosso mi fa un male cane, lo reggo con fatica. Mi sento obesa di rifiuti. Un urlo soffocato da un cuscino, una decina di parolacce semi-liberatorie non mi bastano, anzi arricchiscono un senso di disagio.
Il "cara" di mamma ha avuto un suono famelicamente ironico, è stato una specie di codice d'allarme che va verso la rovina di un rapporto familiare. No, perché se mi dici che l'amore genitoriale non ha fine, che è sempre lì, qualunque cosa accada, io devo contraddirti.
A furia di recitare la parte degli offesi, a causa della mia scelta, i miei sono entrati talmente dentro la loro parte che, oramai, sembro non esistere più.
Mi sento molto sola, l'unica cosa che mi fa compagnia, in questi giorni, è la chattata delle 2 di notte con mio fratello, la voglia di ricominciare, di sentirmi padrona di me stessa, di sbattermene. Però ci riesco a ore, poi mi viene la malinconia. Mi pongo la classica, spesso inutile domanda: "Ma ne vale la pena?".
Vale la pena vivere in 40 metri quadri, sola, con gli amici a 20 km, con un marito che non mi lascia in pace, che vive per farmi terra bruciata intorno, con i miei genitori che stanno con lui, perché io sono una egoista che se ne sbatte dei suoi sentimenti, come se i miei non valessero niente? Ne vale la pena?
Sì.
E ne vale così tanto la pena da voler mettere in gioco tutta me stessa, anche perché sono così impegnata da questa battaglia in onore della mia nuova vita che non ho più avuto nemmeno un attacco di panico e questo, dal mio punto di vista, significa che sono sulla strada giusta.
Le conquiste costano fatica e io sono un'operaia al 100%.
"Pronto papà? Auguri, tanti auguri!".
"Ah ok, grazie. Ti passo mamma.".
Mamma mi ha liquidata nel giro di 15 secondi con un "Scusa cara, sto uscendo!".
Questo senso di rifiuto che sento addosso mi fa un male cane, lo reggo con fatica. Mi sento obesa di rifiuti. Un urlo soffocato da un cuscino, una decina di parolacce semi-liberatorie non mi bastano, anzi arricchiscono un senso di disagio.
Il "cara" di mamma ha avuto un suono famelicamente ironico, è stato una specie di codice d'allarme che va verso la rovina di un rapporto familiare. No, perché se mi dici che l'amore genitoriale non ha fine, che è sempre lì, qualunque cosa accada, io devo contraddirti.
A furia di recitare la parte degli offesi, a causa della mia scelta, i miei sono entrati talmente dentro la loro parte che, oramai, sembro non esistere più.
Mi sento molto sola, l'unica cosa che mi fa compagnia, in questi giorni, è la chattata delle 2 di notte con mio fratello, la voglia di ricominciare, di sentirmi padrona di me stessa, di sbattermene. Però ci riesco a ore, poi mi viene la malinconia. Mi pongo la classica, spesso inutile domanda: "Ma ne vale la pena?".
Vale la pena vivere in 40 metri quadri, sola, con gli amici a 20 km, con un marito che non mi lascia in pace, che vive per farmi terra bruciata intorno, con i miei genitori che stanno con lui, perché io sono una egoista che se ne sbatte dei suoi sentimenti, come se i miei non valessero niente? Ne vale la pena?
Sì.
E ne vale così tanto la pena da voler mettere in gioco tutta me stessa, anche perché sono così impegnata da questa battaglia in onore della mia nuova vita che non ho più avuto nemmeno un attacco di panico e questo, dal mio punto di vista, significa che sono sulla strada giusta.
Le conquiste costano fatica e io sono un'operaia al 100%.
mercoledì 18 marzo 2009
Che ne faccio della mazza?
Brindiamo! Caro lettore di passaggio, brindiamo! Finalmente ho una macchina. Una bella Panda young del '99, pagata pochissimo, perfetta per le mie tasche e per le mie distanze da percorrere. In più c'è da dire che, compresa nel prezzo, c'era anche una mazza da baseball nel portabagagli. Mi sorge un dubbio: la lascio lì o me la porto a casa?
P.S. : la mia collega soffre di alluce valgo e, ogni volta che ce ne diciamo "un paio" mi minaccia dicendomi che un giorno ne avrò uno anche io.
P.S. : la mia collega soffre di alluce valgo e, ogni volta che ce ne diciamo "un paio" mi minaccia dicendomi che un giorno ne avrò uno anche io.
martedì 17 marzo 2009
Pap test, ridendo
Ieri ero a fare il pap test dal mio adorato ginecologo (sì, sottolineo ginecologo, visto che sono scema e avrei potuto scrivere panettiere, farmacista, sarta, ecc., ecc.) e quello, dopo avermi sferruzzato il collo dell'utero, mi fa: "Allora, questo bimbo quando lo facciamo?". Lui, pare ovvio, non è stato aggiornato delle mie svolte sentimentali, però il suo plurale "quando lo facciamo?" mi ha fatto venire una crisi di riso. All'improvviso mi sono vista copulare col ginecologo, un 55enne con il pancione, e non ce l'ho fatta: la crisi di risate isteriche è stata violenta, quasi imbarazzante. Per la foga di trattenermi, per poco non svengo per apnea. In più, mentre ridevo con trattenimento, ero lì, con le gambe divaricate e la patata che ululava alla luna, anzi alla lampada al neon.
Un'esperienza così ti segna, ridere con le cosce all'aria ti apre nuove prospettive, ti sgretola o accentua profondamente il lato timido del carattere. Insomma o ti rafforza o ti rende un bel budino da macello. Di certo aiuta molto gli addominali.
Un'esperienza così ti segna, ridere con le cosce all'aria ti apre nuove prospettive, ti sgretola o accentua profondamente il lato timido del carattere. Insomma o ti rafforza o ti rende un bel budino da macello. Di certo aiuta molto gli addominali.
giovedì 12 marzo 2009
Ricredersi
Ti guardavo, presa dalla corrente del momento, mentre qualche risata in lontananza mi grattava lo stomaco, mentre il rumore di un clacson ce la metteva tutta per distrarmi, invano. Ti guardavo e mi chiedevo mille cose, una dietro l’altra, di corsa. Eri così diverso, ieri. Eri lo sguardo che cercavo da tempo, eri il sorriso che non mi davi più da tempo. Eri il sentimento che tengo ancora stretto, per paura di perderlo e dover dire che era tutto un sogno, un’illusione. Senza voler esagerare, ieri eri tutto quello che avrei voluto. Eri un bacio delicato, un abbraccio sostanzioso, una promessa nuova. Un ricominciare: ecco cos’eri, ieri. Invece eri solo una colorata di acquerello, sbiadita e scivolata via al primo slancio di pioggia.
E’ bastato il suono di un sms sul mio cellulare e tutto è ritornato cupo, grigio, soffocante, un ritrovarsi vicino a un burrone, dentro un vortice di ansie e paure. Il cuore mi è scoppiato nel petto come un tuono. Ho provato di nuovo paura e, di nuovo, eri qualcosa da tenere lontano.
domenica 8 marzo 2009
Altro che papaveri e margherite
Sono un po' impressionata. Sotto di me abitano due anziani molto carini. Lei, poi, sembra un fiorellino, una specie di delicatezza fatta persona: sempre elegante, con i capelli bianchi e mossi e un rossetto rosa. Se si potesse trasferire da qualche parte, si dovrebbe metterla in qualche bel quadro coi papaveri e margherite. Le ho parlato un paio di volte e anche la sua vocina è sempre stata direttamente proporzionale al suo aspetto fisico.
Ora, però, la sento litigare col marito. Ha una voce purulenta, incazzata vera, gutturale. Per un attimo ho pensato di andare a vedere, ma poi mi sono immaginata lei trasformata in un mostro con due occhi rossi "così", i capelli dritti in testa con accenni rasta e i denti aguzzi da vampiro.
Da domani, se la incontrerò, la immaginerò con un coltello in tasca, pronta a colpire chiunque le faccia girare le scatole.
Come vorrei non averla mai sentita urlare così...
Altro che papaveri e margherite.
Ora, però, la sento litigare col marito. Ha una voce purulenta, incazzata vera, gutturale. Per un attimo ho pensato di andare a vedere, ma poi mi sono immaginata lei trasformata in un mostro con due occhi rossi "così", i capelli dritti in testa con accenni rasta e i denti aguzzi da vampiro.
Da domani, se la incontrerò, la immaginerò con un coltello in tasca, pronta a colpire chiunque le faccia girare le scatole.
Come vorrei non averla mai sentita urlare così...
Altro che papaveri e margherite.
mercoledì 4 marzo 2009
Tutte a me!
Sono malata da due giorni. Il dottore mi ha prescritto l'antibiotico, quindi il mio comodino è una piccola farmacia tra aspirina, augmentin, vixsinex e fazzoletti tempo. Sudo e infreddolisco in una maniera così alternata e repentina che mi pare di stare al confine tra Polo nord ed equatore. E poi le ossa. Uh che male. Guardandomi allo specchio mi do 60 anni: le occhiaie sono arrivate, oramai, alle guance e i miei bei capelli sembrano il riflesso di una parrucca di pantegana.
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