Stanotte ho pianto. Non erano lacrime di disperazione o tristezza: era una forma di nostalgia che gioca d'anticipo. Ho aperto gli occhi e - ualà- ho visto i due scatoloni di cartone pronti per il trasferimento. Ho pensato a questi 40 mq scarsi che mi hanno accompagnata in questi 12 mesi. Tu qui, per colpa mia, hai letto solo le cose un po' tristi, perché io sento di sfogarmi in tristezza, però dentro queste mura mi sono capitate anche cose bellissime: Teresina, Alessio, le cene con gli amici, la solidarietà e l'aiuto di M., una mia cara amica di oggi, ma nemica di ieri, il trasporto affettuoso verso me stessa, la crescita, la lotta per l'indipendenza, la fine dell'ipocrisia con mia madre, un barlume di arte infantile preziosa per le mie ansie, i sorrisi e le fette di torta dei signori di sotto, le rate della panda scassata, la capacità di arrangiarmi, quasi allegramente, con 15 euro in 7 giorni, la sfacciataggine di riuscire a dire ciò che volevo a chi volevo, la dottoressa Di, questo blog e tu, che mi hai letta, capita e supportata.
Ho pianto per la nostalgia che sentirò, per le finestrelle piccine piccine che, in estate, mi facevano soffocare, per l'angolo cottura a due fuochi, per il formo che sbruciacchiava quasi tutto e per il bagno stretto.
Però ho anche sorriso, pensando al mio piccolo giardino che ritroverò, ai miei spazi, alla camera per i bambini che non ho avuto che usavo per ballare -molto male-, sfogando le mie rabbie e le mie paure, alla cucina americanizzata con tanta passione e al desiderio di adottare un'altra Teresina.
Sabato chiuderò col passato e inizierò col presente, che diventerà futuro e il futuro -che ne sai?- si trasformerà in una favola.
mercoledì 25 novembre 2009
lunedì 16 novembre 2009
Traguardo nr. 1
Sono riuscita a fare una fila di un'ora e mezza, in mezzo a tantissime persone, con le finestre chiuse e con il brusio di sottofondo, senza attacchi di panico se non un lievissimo accenno all'inizio. Ogni tanto mi sono solo concessa un leggero tremolio delle mani che ho saputo controllare con la respirazione e pensieri positivi.
P.S.: ho avuto le chiavi di casa. Da oggi posso traslocare quando voglio.
P.S.: ho avuto le chiavi di casa. Da oggi posso traslocare quando voglio.
venerdì 6 novembre 2009
Desiderio di maternità autunnale
Quando arriva l'autunno, quando inizia a far buio presto, quando, cioè, torno a casa e vedo le luci delle case accese, mi nascono spontaneamente -come un singhiozzo- fantasie familiari. Mi ricordo che quando ero ragazzina e mi chiedevano "Cosa vuoi fare da grande?" io rispondevo "La mamma", immaginandomi felice tra gli odori e i sapori della maternità, a "far la lana", a cucinare robe buone, a correre di qua e di là con i miei figli. Poi tutti sul divano a guardare la tv o a leggere fiabe, a colorare o a creare nuovi giochi.
In ogni finestrella illuminata ritorna il mio sogno e mi immagino che là, dietro quella finestra, una qualsiasi, ci sia una madre e i suoi figli felici ad attendere che arrivi il marito/papà.
Ecco, io me l'immaginavo così la mia vita.
Poi, nel tempo, s'è incrinato qualcosa.
Spesso mi capitava di trattenere il fiato e di tapparmi le orecchie troppo tardi, mentre sentivo mia madre dire a mio padre che lei era ancora lì, con lui, per i figli oppure che solo lei si sacrificava per i figli. Quel verbo, quel "sacrificare", deve avermi scavata dentro, piano piano, con costanza feroce e, così, un giorno, lasciando per sempre svanire il mio sogno, dissi al mondo: "Non voglio mai e poi mai avere un figlio in vita mia!".
E fin'ora così è stato.
Però stasera, nel vedere quelle luci accese in quella finestra, non so...
E' stato come essere tornata ragazzina, come se il verbo sacrificare si fosse nascosto dietro un albero, come se l'albero fosse precipitato dentro un fossato e come se il fossato fosse stato sbriciolato da qualche pioggia torrenziale rendendolo fiume e come se il fiume si fosse portato via tutto il brutto di quel verbo.
Per la prima volta, vorrei avere un figlio.
In ogni finestrella illuminata ritorna il mio sogno e mi immagino che là, dietro quella finestra, una qualsiasi, ci sia una madre e i suoi figli felici ad attendere che arrivi il marito/papà.
Ecco, io me l'immaginavo così la mia vita.
Poi, nel tempo, s'è incrinato qualcosa.
Spesso mi capitava di trattenere il fiato e di tapparmi le orecchie troppo tardi, mentre sentivo mia madre dire a mio padre che lei era ancora lì, con lui, per i figli oppure che solo lei si sacrificava per i figli. Quel verbo, quel "sacrificare", deve avermi scavata dentro, piano piano, con costanza feroce e, così, un giorno, lasciando per sempre svanire il mio sogno, dissi al mondo: "Non voglio mai e poi mai avere un figlio in vita mia!".
E fin'ora così è stato.
Però stasera, nel vedere quelle luci accese in quella finestra, non so...
E' stato come essere tornata ragazzina, come se il verbo sacrificare si fosse nascosto dietro un albero, come se l'albero fosse precipitato dentro un fossato e come se il fossato fosse stato sbriciolato da qualche pioggia torrenziale rendendolo fiume e come se il fiume si fosse portato via tutto il brutto di quel verbo.
Per la prima volta, vorrei avere un figlio.
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