sabato 29 agosto 2009

Quante belle persone ho incontrato

Di queste vacanze mi porterò nel cuore 5 momenti vissuti con alcune persone.
In ordine di apparizione:
1) il signore dell'elemosina
2) le signore di Volterra
3) la signora svenuta in piscina
4) la bambina che si ciucciava il pollice
5) la vecchia diva cattiva

(continuo dopo)

venerdì 14 agosto 2009

Promozione cuccioli

Teresina mi ha cambiato la vita. Non è un'espressione esagerata, è semplicemente vero. Con lei si è creato un legame molto forte, un legame che mi sarebbe apparso ridicolo anni fa. Mi ricordo che quando a una mia cugina morì il cane, io trovai il suo soffrire esagerato, al limite del fastidioso.
"E vabbè, è un cane, mica un tuo caro!" le dissi una volta e lei mi rispose che sì, era un suo caro.
Ora capisco. Teresina è un mio caro. Le voglio un bene pazzesco e con lei, giorno dopo giorno, scopro cosa sia l'essere ricambiata in modo maggiore di quello che io le offro.
Grazie a questo rapporto, vedo il mondo animale con tutta un'altra prospettiva, ne sono pienamente coinvolta ed è per questo che sono sbalordita, schifata, innervosita dal leggere promozioni estive "estate cucciolo"(che a Natale diventerà "natale cucciolo" e a pasqua "pasqua cucciolo"). Praticamente ti vendono un cucciolo di qualsiasi razza a metà prezzo, come nei saldi di fine stagione, però invece che il vestitino strafigo ti prendi un cucciolo di essere vivente con sentimenti e anima a seguito. Povere creature.

P.S.: da domani sono in ferie e forse vado a Imperia, da amici. Felici giorni a tutti.

lunedì 10 agosto 2009

Sudore e terrore

Per me l'attacco di panico è sudore.
Ogni mio attacco di panico si è presentato col sudore.
Quindi io ho paura del sudore. Ogni volta che inizio a sudare, magari per il caldo, per uno sforzo fisico, per me inizia una catena di reazioni mentali terribili che mi fanno stramazzare in uno strano limbo pre-panico che, a dirtela sinceramente, è quasi peggio del panico.
Non ce la faccio più.

venerdì 7 agosto 2009

La solitudine dei numeri primi


Titolo: La solitudine dei numeri primi.
Ne avevo sentito parlare così tanto che poi l'ho preso.
Quando sono andata in libreria e ho visto la copertina, mi è venuto in mente il viso di una ragazza che avevo visto in un quadro. Mi sono portata a casa il libro nello stesso modo con cui porto le pianticelle: delicatamente, con l'estrema attenzione di non sciupare nemmeno l'aria che le tocca.
L'ho appoggiato sul letto, mi ci sono sdraiata accanto e me lo sono annusato. Può sembrare da cogliona, però faccio sempre così, prima di entrare nel libro che ho scelto.

La sequenza:

metto il libro sul letto,
mi sdraio e metto la faccia al suo fianco,
col pollice prendo l'ultima pagina e lo sventaglio fino alla prima,
annuso e riannuso.

Questa cosa di annusare, sfogliare l'ho presa da papà. Fa allo stesso modo, ma sul tavolo della cucina e, ogni volta che lo vedo, mi chiedo: "Ma come fa?".
"Come fa" nel senso che è tanto delicato con un libro quanto massiccio con tutto il resto.
Di fronte a un libro che ama, mio padre diventa etereo: gli si affusolano le mani, diventa leggiadro nel voltare pagina, respira come un bambino tra una riga e un'altra. Poi lo chiude, mette il segno col suo solito fazzoletto tempo, ripone il libro, si alza e si riappropria dell'altro sé e -faccio un esempio- schiaccia un ragno con brutalità.
Io sono un po' il contrario: mi riapproprio di me nel libro, almeno così credo.

Pensavo che mi sarei potuta immedesimare nella solitudine dei numeri primi, pur non sentendomi dispari o prima, ma sola sì, quindi -come si dice?- ci ho dato dentro dalla prima all'ultima pagina con una pausa di mezz'ora per mangiare un toast e bermi un succo di pompelmo. A ogni pagina speravo di trovare la genialità del libro, l'effetto ottico dell'immedesimazione, la purpurea e assetata voglia di andare avanti, che si conficca nella bocca dello stomaco; invece mi sono ficcata dentro qualche errore di scrittura, di dialogo e ho visto sventolare una noia che si fa originilatà per chissà chi, magari per l'amico dell'amico dell'amico di un editore che è amico dell'amico di chi dà premi a scrittori che vogliono far diventare grandi, ma che di grande hanno solo l'aggettivo "grande".

Sono due semplici storie di solitudine dolorosa: una e due e non una e tre. Ce ne sono a milioni, ne sono state scritte a migliaia, ma questa sembra avere qualcosa in più, tanto da beccarsi il premio Strega. E vabbè.
All'una ho chiuso il libro finito, ho riguardato la copertina e ho pensato che quel viso in primo piano è la cosa più bella di tutta la storia dei numeri primi in solitudine e che io -e qui è il mio ego bulimico che sbraita - quelle due storie le avrei scritte meglio e con più passione.


martedì 4 agosto 2009

Post scriptum del banchiere

Il caro e conosciuto banchiere finalmente si è rapato.
Quando l'ho visto non credevo ai miei occhi. Mi sono gettata a pesce verso la fila della sua cassa e ho atteso con un'emozione pazzesca il mio turno.
E' diventato bello: il suo viso, adesso, è in prima linea e non più dietro la trincea del riporto.
Mi ha sorriso, io ho ricambiato e ho pensato che sono mesi che non ricevo e non offro un sorriso così.
Mi sento di aver vinto il suo sorriso.

lunedì 3 agosto 2009

Confessione e Dio che me la deve mandar buona

Mi scopro buona tinteggiatrice. Mi piace colorare, ma non so abbinare i colori, così mi vengono fuori cose strane. Non so immaginare l'insieme prima di vederlo finito.
Detto questo -e non so perché l'ho detto- ora ti dico della confessione di Marco, così, magari, mi dici cosa ne pensi. Io ne ho un'opinione ondulatoria: a volte la sento positiva, altre negativa e, altre ancora, la trovo geniale.
La racconto come una storia, altrimenti faccio confusione e non ci capiresti niente. In caso ti fosse sfuggito, Marco è mio marito.
C'era una volta Marco, felice con sua moglie. Si erano conosciuti da giovanissimi, si erano innamorati e non si erano più lasciati. Lui era un uomo dolce, trattava sua moglie come una regina: sapeva ascoltarla, amarla e proteggerla, anzi sapeva amarla, proteggerla ed ascoltarla. Per farla corta, la loro, era una bellissima favola d'amore.
Un giorno Marco viene invitato a una festa con sua moglie, ma sua moglie ha la febbre e, così, Marco, sotto consiglio della sua amata, va da solo. Lì incontra una bellissima donna, una specie di velina con ogni curva al posto giusto e ci fa sesso. Lui dirà: "Una parentesi sessuale che mi ha rovinato la vita".
Da quel giorno, ovvero dalla scopata animalesca, sotto il tetto dell'auto, va in crisi, inizia a pensare che se è riuscito a tradire sua moglie, che ama tantissimo, potrebbe farlo anche lei. Perché no, in fondo? La carne è debole, le occasioni possono capitare e via così. Inizia l'era del sospetto. In pratica lui aveva tradito e, per uno strano gioco mentale, iniziava a pensare a sua moglie come una possibile traditrice. Lui si era scopato la velina, eppure vedeva sua moglie sotto le spinte del bacino di ogni uomo.
Iniziò così la sua ossessione, il suo possesso, la sua insana gelosia.

Credo a questa cosa, credo, cioè, in questa molla che gli è scattata dopo essere andato con quella donna, credo in ciò che mi ha detto, credo che stia davvero andando da uno psicologo e credo anche che lo faccia perché mi ama ancora molto, ma quando mi ha raccontato tutto questo io, alla fine, ho saputo solo chiedergli se, copulando, avesse usato il preservativo. Alla sua timida risposta negativa io sono stata chiara: o si fa il test dell'HIV e dell'epatite C o succederà un casino, uno di quelli grossi.
In attesa di risposte, me ne sono andata a Padova a farmi prelevare un po' di sangue e che Dio me la mandi buona.