sabato 28 febbraio 2009

La vorrei così, quando sarà

Che la felicità mi sia un fulmine a ciel sereno,
come una scarica senza preavviso,
senza annunci inultili.
Che sia una bomba in mezzo al mio cuore,
che mi lasci piegata in due dalla gioia,
a carponi,
nel mezzo di un deserto,
senza orme passate,
senza niente,
senza un passante,
o una bestia qualsiasi.
La voglio quasi crudele,
di amabile ferocia,
da non poter dimenticare,
affinché il ricordo non sbiadisca mai
e mi sia d'aiuto nei giorni d'astinenza.

Giocherò a scarabeo per distrarmi

Tutti si affrettano a darmi consigli, come se io fossi una deficiente, come se io fossi incapace di andare avanti nel modo giusto. Solo che il mio modo giusto è solo mio. Mi sono stancata delle parole degli altri, incomincio ad esserne allergica. La mia solitudine sentimentale è una scelta, pur costandomi molta fatica. Marco è ancora nel mio cuore e la sua presenza è forte, fortissima.
Quando l'ho visto, per poco non mi è esploso il petto. Lui, invece, deglutiva a fatica: aveva il pomo d'adamo mezzo paralizzato. Se non avessi avessi avuto quei brutti ricordi a ricordarmi del perché di tutto questo casino, credo che mi sarei lanciata tra le sue braccia e da lì non mi sarei mossa più. Quanto tutto andava bene, lui era il mio senso di protezione, la mia voglia di sorridere, la mia pace e la mia passione. Ora è un misto di sogno e incubo. Ora è bisogno di stargli alla larga.
Ci soffro tanto. Mi pare impossibile amarlo così tanto ancora e avere paura di stargli accanto. Ed è impossibile pensare che lui mi ami così tanto come dice, e vederlo trattarmi come la peggiore delle cose.
E' tutto basato sulla confusione. E' tutto come una stanza piena di oggetti che volano senza forza di gravità, pronti a colpirti, seppur involontariamente.
Però ora devo concentrarmi sul sole che, oggi, è caldo e mi fa venire voglia di bicicletta e di gelato.

martedì 24 febbraio 2009

Implosione imminente

Ho paura per domani. Ho talmente paura che mi sento cubista come questa donna di Picasso: ho una specie di casino in testa indefinibile. Ho sintomi fisici che accompagnano quelli mentali. Vario dalla tachicardia ai crampi addominali, dalla nausea alle vertigini. Se non mi do subito una calmata, domani arriverò in tribunale bella e rilassata quanto uno zombie che coltiva l'orto.
I miei amici mi ripetono di stare calma e più me lo dicono e più mi innervosisco, perché non è che una persona si calma perché gli altri glielo lo consigliano. Magari fosse così semplice: non esisterebbero più calmanti, psicologi, nevrosi, attacchi isterici, ecc., ecc.
Io, adesso, ho il cuore a 100 battiti. Dimmi di farlo scendere a 70, forza! Basta la parola e quello scende a 70, credimi!
Spero di arrivare viva a domani. Spero di non implodere.

domenica 22 febbraio 2009

Domanda

Ciao,
se passi di qui, e ti capita di trovarti tra queste righe potresti rispondere a un dubbio che mi attanaglia da due giorni?
"Secondo te esistono affetti obbligatori?"

venerdì 20 febbraio 2009

Un'opera di colori nel colon di Martina

Scrivere un post sui peperoni può sembrare strano, però mi è successa una cosa. Oggi ne avevo comprati quattro: due rossi e due gialli.
Ecco.
Li tagliavo a listarelle ascoltando un po' di musica. Poi giù nella padella con un filino d'olio. All'improvviso mi sono accorta che i colori di quei quattro peperoni erano così accesi, che sembravano essere colorati coi colori fosforescenti. Certo, la prima cosa che ho pensato è stata che i colori dei peperoni non sono più quelli di una volta. Dove li compravo erano diversi. Qui sono fosforescenti. E mentre pensavo al fosforescente, li ho visti amalgamarsi tutti insieme, come in una specie di unione ormonale o un intreccio di dna. Mi ha fatto un po' impressione, perché sono entrata un una catena di pensieri strani: mi sono ricordata di quanto siano importanti, per me, i colori . Io li amo tutti, uno a uno. Mi ci tufferei dentro per sempre, mi farei dipingere un arcobaleno dalla testa ai piedi e poi -boh!- me ne andrei alla ricerca di un alieno che cerca un arcobaleno.
Poi ci ho aggiunto le olive, i capperi e una manciata di pan grattato.
E' arrivata Martina e ho servito 'sti peperoni per contorno. Il mio cuore ha pianto nel vederli masticati e ingoiati dalla mia amica. Avrei voluto fermarla e dirle: "NOn lo fare! Non li mangiare! Quei peproni sono un intreccio artistico-fosforescente!".
Ahimé, ora saranno intrecciati nella cacca semi-fosforescente di Martina.
Che tristezza!

Un blog fa impennare la sudorazione mentale

Mi sto rendendo conto che gestire un blog significa sudare. Sto imparando, grazie al mio primo lettore, che non è che scrivi quello che vuoi scrivere e finisce là. Magari! Ti tocca fare salti mortali: iscriverti di qua e di là, studiarti l'analytics come la terza declinazione latina, technorizzarti, ippizzarti, girovagare, trovare, cercare, cercare e trovare. Memorizzare, salvare, metabolizzare, ecc., ecc.
Insomma io sto dando di matto.

giovedì 19 febbraio 2009

Ars, ma anche arf, medica

Era ora di andare dal mio nuovo dottore e dirgli: "Ciao, sono una nuova paziente e soffro di attacchi di panico!"
Lui, il dottore, si chiama Paolo e ha circa 45/50 anni. Dicono sia bravo e la bravura medica mi mette serenità.
Lo studio medico: sono stata accolta da un corridoio lungo un "profondo rosso", con un attaccagiacche di benvenuto, una sala d'aspetto con tre divani, quattro sedie e una serie di litografie con cornice insipida. I divani mi sono sembrati subito pericolosissimi per chi, come me, non ama la vicinanza fisica con gli sconosciuti. Per fortuna eravamo quattro gatti e io mi sono arraffata la sedia.
La visita: il dottore ha i capelli grigi e a spazzola, vestiva un maglione grigio di lana con cerniera. Anche il viso era grigiastro, infatti mi è stato facile pensare a lui come un grigio assoluto.
E -guarda che strano!- ha visto del grigio anche in me. Ha deciso, nel giro di 3 minuti di orologio, che io sono depressa e mi ha prescritto un ansiolitico (no lexotan!) e un antidepressivo nello stesso modo in cui si consiglia un'aspirina per il mal di testa.
"Scusi, deve proprio rimpinzarmi di chimica? Non è meglio uno psicologo?" gli ho chiesto. Ma, lui, beato e inespressivo, mi ha sfoderato un bel "No!".
Questo è un medico con i boccoli su per il culo, te lo dico io. Facciamo un'analisi:
A) Non sono depressa. Non è detto che attacco di panico sia sempre sinonimo di depressione. Io sono solare anche nella malinconia. A me la vita piace e, con una depressione da psicofarmaco, non sarei nemmeno riuscita a pensare di cambiare vita.
B)Paolo il medico, Paolo il bravo, Paolo il grigio non mi ha mai sorriso, nemmeno durante il saluto iniziale. Inespressivo quanto Barbara Palombelli in televisione. E' lui il depresso e vede depressi ovunque per sentirsi meno depresso.
C) A questo punto ci sarebbe l'opzione Alessandro...
Alessandro è bello, però è rosso e potrebbe veder rosso. Non mi fido.
Passo a Guido, poi mi arrendo.

Impressioni di Febbraio, ascoltando "Impressioni di settembre"

Se non avessi guardato X Factor, non avrei mai ascoltato “Impressioni di Settembre”. Bellissima: una melodia che accompagna una poesia, una poesia che si anima di note. Penso che l’amore, quello vero, sia in quella canzone, nell’assolo del flauto.
A proposito di amore, credo di esserne impreparata.
P.S. Ho imparato a fare lo spelling, però balbetto. Mi sa che la lingua inglese mi creerà problemi.

sabato 14 febbraio 2009

Facce di sabato mattina

Ho scoperto che alle 6.30 di sabato mattina, negli autobus, trovi solo due tipi di facce:
facce toste o facce da toast.

venerdì 13 febbraio 2009

Cistite post traumatica e addebito

Il blog lo avevo aperto “tanto per”. Non pensavo di scriverci più di tanto, forse non pensavo proprio di scriverci, però poi ci ho scritto e la piega che ha preso è stata personale. Ora, poiché la piega mi piace, in quanto mi rilassa, ho deciso di usarlo anche per i miei ragionamenti.

Oggi sono stata dall’avvocato per la seconda volta e per la seconda volta sarei voluta scappare. Sarà l’arredamento antico e pesante, ma mi prende male. Mi immagino fantasmi notturni rincorrersi tra sedie, scaffali e quadri. Per dirla tutta, io in quello studio, se fossi la segretaria, non riuscirei nemmeno ad andare a fare la pipì. Sia mai che un fantasma faccia “Buuuuuuuu!” mentre sto facendo la pipì. Roba da cistite post traumatica.

Comunque, mio marito sta lavorando per una separazione giudiziale con addebito. Significa che è tutta colpa mia, che ho sbagliato io, che ho violato un paio di obblighi e bla, bla, bla. Non ne capisco il bisogno, visto che io da lui non voglio niente, nemmeno 1 euro. Pare che potrebbe chiedere una specie di risarcimento, ma io, a parte la bicicletta e uno stipendio normalissimo, non ho niente. In realtà vuole farmi tornare indietro, solo che io ho solo una voglia: andare avanti.

Quindi, secondo il mio avvocato, dovrò dimostrare che non è colpa mia, anzi il contrario. Mitico! Praticamente dovrei dimostrare cose personali e poco piacevoli. Ma come? Iniziando a consultare uno psicologo per i miei attacchi di panico, poi rompendo le scatole a un paio di miei amici che hanno assistito ad alcune scene non molto gradevoli e così via. No! No e no! Non reggo a uno strazio del genere.

Tornando allo studio dell’avvocato, io vorrei capire del perché del suo arredamento. Un cliente dovrebbe sentirsi a proprio agio, invece si ritrova tra anticherie bruttissime, che puzzano di stravissuto e di restaurato. ‘Ste cose vanno bene per le babbione o i babbioni con dentiera,lifting esagerati, pellicce e gioielli vistosissimi, non per una ragazza qualunque che pedala come una spaesata per le strade della città.

E poi, se dovesse andar male, come pago questa mummia del codice civile?

Farò collette.

Giocherò al superenalotto.

Farò la shampista.

Insomma che ne so…

giovedì 12 febbraio 2009

Google.it

Non so bene per quale motivo, ma oggi entrare in Google mi ha procurato un sussulto. L'icona disegnata degli uccellini sui rovi, incorniciati dal verde e dalle palline rosse, gialle e azzurre mi ha fatto venire in mente un cimitero di un giardiniere-artista-incompreso e di un cacciatore pentito.
Almeno sembra. In realtà quegli uccellini saranno fucilati entro 24 ore e i fiorellini-palla verranno distrutti da una grandinata.

P.S. l'orologio blogpost va 7 minuti indietro.

mercoledì 11 febbraio 2009

Tolgo la sciarpa

Ci sono sms che non si dovrebbero mai leggere. Ci sono parole che non si dovrebbero mai sentire. Sconvolgono una giornata intera, la fanno deragliare verso qualche duna rocciosa e boom.
Una cosa avrei voluto, una soltanto: avere i miei genitori a fare il tifo per me, sentirli vicini in questo momento difficile e, invece, sembra che io sia diventata un’estranea per loro. Non condividono la mia scelta e, quindi, si distaccano, come se l’amore per una figlia fosse direttamente proporzionale alle scelte condivisibili. “Avevi tutto” dicono, affermano, sollecitano, insistono, ma a me sembrava d’avere niente, anzi meno del niente. Mi sembrava d’avere solo cose brutte, ultimamente. Non sapevo più cosa significasse parlare sottovoce, ad esempio. Non ricordavo più cosa volesse dire parlare con una mia amica al telefono, senza subire interrogatori per ore. Non sorridevo più, avevo paura di sorridere o di piangere per doverne dare giustificazione. Le mie giornate erano scandite da spiegazioni e difese continue. Del mio amore era rimasto un senso di sottomissione impressionante. Non si può vivere così, se non vuoi davvero vivere così. Non c’è amore o passione che tenga.
Io sono un soggetto con un predicato verbale.
Ero diventata un oggetto senza verbo.
E, ora, loro mi scrivono un sms in cui dicono che non ci saranno più per me, finché non metterò la testa a posto. “Dimenticaci!”. Un ricatto con l’addobbo del compromesso, ecco cosa sono diventati i miei genitori. Vogliono insegnarmi a cedere, mentre una madre e un padre dovrebbero spronarti all’indipendenza e alla felicità. Serenità. Sì, serenità. Sempre la solita esagerata, io! Solo che io credo molto nella felicità, sarà che me ne sbatto di quei quattro filosofi-psicologi arrivati e stanchi che ti dicono che la felicità è un’ambizione troppo alta ed è fatta, se c’è, di momenti. Beh –scusatemi eh!?- ma andate a cagare! Io voglio un attimo lungo mesi. Se chiedo troppo sono cavoli miei. Chiedere l’impossibile, in fondo, è come ingoiare un antivirale.

P.S. oggi c’è un bel sole e tolgo la sciarpa.

Cambio o compro nuova con prova dell'odore?

Giorni fa mi sono comprata una borsa dell’acqua calda, per regalare un po’ di sollievo ai miei piedi freddi durante la notte. Mi è piaciuta subito: bianca con fodera di spugna rosa e una bella mucca stampata su. Un bel ritorno adolescenziale, insomma.
Però c’è un problema: la plastica puzza di piscio.
Cioè nell’atto di versare l’acqua bollente m’è venuta su ‘sta puzza d’urina che mi ha spiazzata veramente. L’ho lavata e rilavata, ci ho spruzzato su pure il mio profumo, ma niente: l’odore di piscio resiste.
Credo –spero!- sia una specie di reazione della plastica con l’acqua bollente, però io non posso ficcare i miei piedi al fianco di un bollore che sa d’urina, nè posso andare a cambiare una cosa di 2 euro o sì?

martedì 10 febbraio 2009

Sta' a vedere che devo pagar pegno

Stasera mi sento una merda. E’ stato un bel crescendo di malessere, sfociato in un acuto nel negozietto sotto casa, in fila alla cassa. Erano ore che sentivo un vuoto, una mancanza forte, una specie di ticchettio costante e fastidioso che mi ricordava della mia precarietà e delle mie radici da poco sradicate. Mi mancano cose importanti e cose stupide. Mi manca la vasca da bagno. Qui ho solo la doccia. Mi mancano il giardino, il gatto e il giubbotto nero col cappuccio.
Poi il vuoto della mancanza mi ha preso la testa e il cuore, mentre attendevo il mio turno. Ho capito solo “22 euro e 50” e mi è partita la tremarella. Non mi è ancora ben chiaro come io sia arrivata a casa, però ci sono arrivata strisciando i muri della strada. “Vittoria!” avrei voluto gridare. Invece mi sono lanciata sul divano e ho iniziato a imprecare, a dire parolacce, a tirare una decina di vaffanculo. Chiamasi “volgarità liberatoria”. Volgarmente libera, mi sono concessa una piccolissima ipotesi: sono un’incosciente e il perché è presto detto.
Soffro di attacchi di panico da circa un anno. Ora io mi chiedo: può una che soffre di ‘ste “cose”, decidere di andarsene a vivere sola, cambiare lavoro, mollare tutto –proprio tutto!- nel giro di 24 ore e credere di non pagare qualche consistente conseguenza emotiva?
Ora mi tocca ricostruirmi come un lego e a me i lego non piacevano e non piacciono. Mi piace più distruggere. Non a caso mi divertivo a far volare le carte del castello che papà costruiva per ammazzare la sua noia cronica o a buttarmi sopra sulle costruzioni di sabbia di mio fratello. Mi piaceva anche disfare i letti perfetti della nostra cameretta, rapare a zero le Barbie, tagliare i piedi degli orsacchiotti, dare qualche sforbiciata alle frange dei tappeti e staccare la levetta dei taglia unghie.
Ora mi sembra di dover rimettere tutto a posto e la cosa mi spiazza. E’ come se dovessi pagare pegno.

A.A.A.

Visto che la mia bella Cinquecento me l’ha distrutta per dispetto e per rabbia e poiché sono stanca di girare in autobus o in bicicletta, vorrei comprarmi una macchinina, però ho un budget di soli 1.500 euro e con le rate, se anche volessi darmi alla rata, rischierei di sforare prima della fine del mese. Perciò ieri ho messo qualche annuncio nella bacheca della banca e di due supermercati: “Cerco piccola scassarola a 4 ruote che sappia portarmi un po’ in giro a prezzo buonissimo.”. Spero in un riscontro veloce, perché gli autobus non sono il massimo per i miei attacchi di panico e la bicicletta, a volte, mi stanca.

Caro lettore di passaggio, se passi grazie a google e hai una macchinina mezza scassata da vendere, mandami una mail all’indirizzo del profilo. No carrozze o carrelli a motore.

lunedì 9 febbraio 2009

Regalo a caso?

Mi è stato regalato un libro di Stieg Larsson: "Uomini che odiano le donne". Dicono sia un giallo bellissimo. Però credo che non sia un caso questo regalo...
P.S. comprate candele e piantine grasse. Dimenticato il latte.

Data fatidica

25 Febbraio alle 9.30.
L'ho saputo poco fa. E' stata una martellata. Le tempie vanno al trotto e non ho il lexotan qui al lavoro. Spero che venga a salvarmi qualcosa o qualcuno, ora!

domenica 8 febbraio 2009

Inondazione solare

Se la settimana scorsa mi sentivo sola e abbandonata, oggi mi sento amata.

Nell’ordine sensitivo-amoroso:

A) i miei amici che tanto adoro sono venuti a pranzo da me e posso dire, senza ombra di dubbio, che non mi sentivo così beata da almeno un anno.
B) ho conosciuto i miei dirimpettai: sono una coppia della mia età con una bellissima bambina di 10 mesi e un pechinese. Sono stati deliziosi e gentilissimi nel dirmi: “Di qualunque cosa hai bisogno, basta che suoni. Noi siamo qui!”
C) mio fratello mi ha scritto una e-mail bellissima.

Che dire? Mi sento inondata dal sole. Ho la sensazione che la gioia sia così forte e grande da non riuscire a darne confini concreti. Beh, sì, la gioia non è concreta e non dovrebbe avere confini, ma fino a qualche giorno fa credevo che avesse confini e concretezza.

P.S. Domani devo comprare assolutamente candele e due faretti a batterie. Poco fa è andata via la corrente e sono rimasta al buio come una polla. L’unica piccola luce era il display del cellulare. Altro che sole inondante.

Avanti tutta

E’ difficile fingere, se non sai fingere. Però inizio a imparare, basta concentrarsi e pensare alla meta: non avere nessuno che ti rompa le palle.
Mia madre mi ha chiamata tre volte. Lei tifa per Marco. Lei è quella che ha ispirato il titolo del mio blog. Con certezza mi dà dell’egoista, mentre io vorrei tanto che riuscisse, per una volta, a ipotizzare l’aggettivo che mi ha affibbiato.
Mio padre se ne sbatte. A lui importa solo che io mi arrangi e io lo faccio bene. Un po’, però, mi fa male ma è sempre un male minore rispetto al male che avevo prima con la vera al dito. A proposito della fede/vera: il mio inconscio me l’ha fatta perdere. Non la trovo più e, sinceramente, non ho voglia nemmeno di cercarla.
Marco continua a fucilarmi di sms, discorsi ai miei amici, e-mail, squilli notturni e io inizio ad agitarmi al pensiero di doverlo presto incontrare. Non so se riuscirò a guardarlo negli occhi senza temere di avere un attacco di panico bello e buono. Ha due occhi talmente azzurri e cinici che sembrano essere un’arma impropria.
Dovrò fingere e mostrare freddezza e indifferenza. Non so se ce la farò. Ho chiesto aiuto a un insegnante di recitazione. Domani avrò la prima lezione. Speriamo bene.

P.S. inizio a pronunciare in modo decente l’inglese. Sto imparando a roteare la lingua nel modo giusto.

giovedì 5 febbraio 2009

Che bella sensazione

Sai che c'è? Che svegliarmi nel silenzio della mia casettina nuova, col solo rumore dei miei passi, mi fa un gran bene. Non sento nemmeno il bisogno di accendere la radio o la televisione. E' tutto così bello...
Non ho sbagliato a scappare. Lo rifarei ancora mille volte sapendo di giungere dove sono adesso. Devo dire grazie ai miei cari amici che mi hanno sostenuta e aiutata anche econimicamente. Grazie.

mercoledì 4 febbraio 2009

Unghie mangiate=libertà

Ecco.
Ho ripreso a mangiarmi le unghie, dopo 3 mesi di resistenza e di lotta. Una recidiva che credevo non avrei subito. Ora ho nuovamente una specie di carta d'identità sulle mani che dice a chiare lettere: "Fusa, nevrotica, ansiosa, dispersa". Con le mie dita conciate così, posso indossare qualsiasi maschera, senza poterla dare a bere a qualcuno.
Ora ho due possibilità: sperare che le mie unghie crescano in fretta con qualche unguento stile concime o andarmele a far mettere finte. Che schifo, però! Debbo cedere a una delle due opzioni. La seconda è la più probabile.
Avanti al giudice, mio marito mi guarderà le mani e, se le troverà così ridotte, capirà che ho paura e sarò fottuta. Lui ha un animo bestiale: se solo capisse il mio timore per lui, mi mangerebbe a colazione in un sol boccone.
Per l'occasione, ovvero per calmarmi, per respirare a fondo senza cadere nella tentazione di sbranarmi anche le dita, fino alle nocche, mi sono comprata un bel mare a olio che, col faretto del soffitto, fa dei giochi strani di luce-ombra. Guardo il mare e cerco di dimenticare il momento difficile che, poi, ho voluto con tutta me stessa.
Sono stata cinque anni a sognare l'indipendenza. Cinque.
Quando spegnevo le luci, quando sentivo il respiro di lui navigare nel sonno, io aprivo gli occhi e contavo la penombra. Scivolavo all'angolo del letto, mi rannicchiavo, poggiavo la mia testa sul mio braccio e salivo sulla mia barca a vela mai esistita. Aprivo le labbra per ingoiare l'aria del mare che non c'era. Mi lasciavo dondolare dal senso di libertà e, intanto, i minuti balzavano in avanti lasciando me indietro. Poi, beata, quando mi sentivo sazia, m'addormentavo sul più bello.
All'alba, purtroppo, ero di nuovo lì, accanto alla bestialità, all'ossessione di mio marito.
Ora, pur con le unghie morse e distrutte, non ho più bisogno di rifugiarmi in un angolo di letto per essere libera. Sono loro ad essere il mio elogio alla libertà.